I successori di George Washington, Adams, Jefferson e Madison, si opposero da subito all’approvazione della concessione per la banca. Essi furono sempre avversi all’avvenuta cessione della sovranità monetaria. Thomas Jefferson espresse chiaramente la sua opinione in molte occasioni. Per esempio, in un suo scritto del 13 dicembre 1803, a proposito della banca di Hamilton egli afferma: «Quest’istituzione è il peggior nemico mortale che c’è e si rivolge contro i nostri principi e la nostra forma costituzionale». Egli aggiunse: «…un’istituzione come questa, che attraverso filiali penetra in ogni Paese dell’Unione e a comando agisce di concerto, può al momento opportuno rovesciare il governo. Io non ritengo al sicuro nessun governo che si trova in una posizione subordinata a qualunque autorità usurpatrice, piuttosto che alla nazione e ai suoi legali rappresentanti istituzionali».

Ma essendo costretti a rispettare i contratti in vigore, dovettero accettare lo stato di fatto fino alla scadenza della licenza, quando, nel 1811, sotto il mandato di Madison, essa non fu più rinnovata. Ciò suscitò le ire dei Rothschild, e in quell’occasione Nathan Mayer Rothschild fu udito affermare: «O il rinnovo della licenza è assicurato, oppure gli Stati Uniti si ritroveranno coinvolti in una guerra disastrosa». Nel 1812 la Gran Bretagna dichiarò guerra agli Stati Uniti…
L’intento di Rothschild era di costringere gli Stati Uniti, tramite la guerra, a indebitarsi a tal punto da dover accettare il rinnovo della concessione alla banca centrale degli agenti del suo impero finanziario. La guerra durò 32 mesi e terminò nel febbraio 1815, lasciando le finanze degli Stati Uniti in uno stato così disastrato che il governo si vide costretto ad approvare una seconda concessione ventennale per la banca centrale. Migliaia di soldati americani e inglesi avevano lasciato la propria vita affinché i Rothschild riavessero la loro banca.