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Ma il problema non è solo il grande ritardo con cui sul clima si stanno infine svegliando un po’ tutti, da Mattarella a Veltroni a Rutelli al Papa a Galletti ecc, parlandone, peraltro, follemente, come di un problema delle generazioni future. Perché bisogna essere ciechi per non vedere che è un problema attuale (Ad esempio, quello che i media, tra le tante altre cose, hanno occultato circa gli uragani in America, è che Jose, che non è ‘atterrato’, è però salito molto più a nord di New York ed anche di Boston:
Città sporadicamente in passato anch’esse vittima di qualche urgano, ma che ora lo diverranno sistematicamente a causa delle temperature estreme dell’acqua non più solo del sud dell’Atlantico).
In ogni caso, quanto al capire che il problema è imminente, sarà la forza degli elementi a renderlo ora inconfutabile.
Il vero ostacolo è invece la difficoltà dell’umanità di accettare che, all’attuale stadio culturale, è impotente, e cioè che, senza quel tipo di cambiamento culturale che parte dal rivolgere l’analisi contro di se, non può far nulla.
Cambiamento che richiede un preciso modello politico che, a mio sommesso avviso, non può che essere (perché non ce ne sono altri adeguati) quello tracciato ne Il libro dell’MPF (1987), ed un preciso modello culturale che, sempre a mio sommesso avviso e sempre perché non c’è traccia di altri adeguati, non può che essere quello tracciato in La storia di Giovanni e Margherita (1985).
1987 che è anche l’epoca in cui ho cominciato a sollecitare la società a prendere atto del problema climatico, come quando, nel 1987, al Costanzo Show, dissi: «..Ci sta cadendo il cielo sul capo, è ancora non basta?».
Fermo restando che 3 o 4 miliardi di persone, purtroppo, moriranno comunque.
16.9.2017, Alfonso Luigi Marra